lunedì 9 dicembre 2013

In memoriam

Pubblichiamo il discorso del Prof. Alberto Testa pronunciato durante la giornata in ricordo di Marina Romani Zurlini, che si è svolta sabato 19 ottobre 2013 presso il Teatro Ruskaja dell'Accademia Nazionale di Danza. Marina Romani, docente di tecnica accademica presso l'Accademia Nazionale di Danza di Roma, è scomparsa l'8 Ottobre 2013 a Perugia. È stata una delle docenti più attive di questa Istituzione ed è stata il punto di riferimento per intere generazioni di danzatori. Studiosa del patrimonio coreutico e generosa sostenitrice della Biblioteca dell'Accademia, ha donato alla stessa volumi preziosi e risorse economiche.  


Ogni morte d’uomo ci diminuisce e ci coglie impreparati ad affrontare la precarietà che ci insegue ed incombe di giorno in giorno nella nostra pochezza. Della persona che scompare ci resta solo il ricordo, ci sfugge, non riusciamo più ad afferrare quella luce che in qualche modo ci illumina. La morte arriva sempre troppo presto. Ciascuno di noi, per averle voluto bene, non vorrebbe sopravviverle quando il dolore è troppo grande. Ed invece questa terribile, inesorabile signora arriva quando meno ce lo aspettiamo, ad un tratto, improvvisamente, crudelmente. Sapevo dei problemi  cardiaci di Marina ma non dei guai come poi si sono rivelati.  Ora il problema di cuore è nostro, di tutti noi, della nostra partecipazione, per l’appunto accorata. La falce di questo personaggio che ci insegue tutta la vita, secondo la simbologia il “Memento mori” medioevale, la falce ha portato via anche Marina questo mese, il suo, nel quale era nata, carico d’ombre, incertezze, di tristi presagi, di tragedie immani. 
Eppure Marina era un carattere ilare e lieto, spesso sorridente. Non dimenticherò la sua risata. Come dimenticarla? Ringrazio di aver pensato a me per pronunciare questo ricordo. Io che l’ho vista  ancora il marzo scorso a Spoleto per l’annuale Concorso di danza. Era molto vicina ai giovani nelle loro maggiori o minori possibilità e aspirazioni. Si interessava sempre alle nuove leve, a tutto ciò che avveniva nel mondo della danza e ne discuteva quando vi intravvedeva le speranze. Così in altre sedi; per esempio, non mancava mai a Gubbio. Si prodigava moltissimo. Quando il barboncino di un mio nipote si ammalò, si prese cura di farlo ricoverare nella clinica veterinaria ove lavorava sua figlia Francesca. Qualche volta mi sorprese persino nella discussione animata su certi valori, consapevole, severa nel giudizio di uno spettacolo, nella disamina su un artista, su di un evento. La conoscevo da cinquant’anni esatti, ancora nell’ottobre 1963. Simpatizzammo subito perché l’uno aveva compreso ciò che dettava dentro all’altra, praticamente eravamo entrambi sulla stessa lunghezza d’onda. Tornando ai concorsi, alle segnalazioni, ricordo che nelle donazioni, nelle cosiddette borse di studio si proponeva donatrice al più meritevole ma non voleva apparire, erano aiuti “sine nomine”. Generosa quanto appassionata, attenta, straordinariamente partecipe, curiosa, presente sempre agli spettacoli che avrebbero potuto comunicarle oltre che insegnarle qualcosa. Ci trovammo alcune volte nei viaggi organizzati dall’Accademia: a Londra nel 1970, a Stoccolma, in Russia nel 1975, nelle “Maratone”; testimoni alcune fotografie con i colleghi tutti uniti e concordi sullo stato dell’insegnamento in quei Paesi. E Giuliana Penzi, direttrice in quegli anni, con la quale si trovava a tessere le più animate iniziative, spesso era con noi, nelle tournées che compivamo numerose con il “Gruppo stabile”. In tempi così “maleducati” come gli attuali, Marina è stata l’esempio lampante dell’educatrice; più che al rigore nell’esecuzione di un certo “passo”, di una figura, di un’evoluzione, ella era vigile sull’educazione dell’individuo, sulla sua formazione etica, umana e professionale. Laica, umanista, libera, metteva il suo impegno sociale, civile affinché via via le generazioni che sfilavano sotto il suo segno didattico si formassero alla luce del sole e della bellezza. Grazie!

Alberto Testa

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